JoomlaTemplates.me by WebHostArt.com
Pubblicato: Lunedì, 08 Novembre 2021

Consiglio di Stato: quando e perché ricorrere all’accordo quadro

Secondo quanto disposto dagli art. 3, lett. ii), e 54 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, per accordo quadro s’intende “l’accordo concluso tra una o più stazioni appaltanti e uno o più operatori economici, il cui scopo è quello di stabilire le clausole relative agli appalti da aggiudicare durante un dato periodo, in particolare per quanto riguarda il prezzo e, se del caso, le quantità previste”; esso perciò costituisce una procedura di selezione del contraente (che non postula alcuna deroga ai principi di trasparenza e completezza dell’offerta) allo scopo di semplificare, sotto il profilo amministrativo, il processo d’aggiudicazione dei contratti fra una o più stazioni appaltanti ed uno o più operatori economici, individuando futuri contraenti, prefissando condizioni e clausole relative agli appalti in un dato arco temporale massimo, con l’indicazione dei prezzi e, se del caso, delle quantità previste.

Così facendo l’amministrazione accorpa la maggior parte degli adempimenti amministrativi ed ottiene un risparmio di attività procedimentale, nonché di oneri connessi alle procedure di affidamento; in particolare, questa fattispecie contrattuale è particolarmente utile per le pubbliche amministrazioni quando non sono in grado di predeterminare, in maniera precisa e circostanziata, i quantitativi dei beni da acquistare oppure nelle ipotesi in cui questi siano caratterizzati da rapida obsolescenza tecnica e/o da forti oscillazioni dei valori di mercato., così che tra accordo quadro e contratto esecutivo deve esservi necessariamente identità di oggetto (prestazioni e remunerazione delle stesse già prefissate).

La posizione espressa dal Consiglio di Stato sez. V con la sentenza 6 agosto 2021 n. 5785.

Consiglio di Stato: la discrezionalità della stazione appaltante in tema di illeciti professionali

Secondo il Consiglio di Stato (sez. V 27 ottobre 2021 n. 7223) va confermato il consolidato orientamento giurisprudenziale (ex multis, Consiglio di Stato III, 12 dicembre 2018, n. 7022) secondo cui l’individuazione tipologica dei gravi illeciti professionali ha carattere meramente esemplificativo, potendo per tal via la stazione appaltante desumerne il compimento da ogni vicenda pregressa, anche non tipizzata, dell’attività professionale dell’operatore economico di cui fosse accertata la contrarietà a un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa, se stimata idonea a metterne in dubbio l’integrità e l’affidabilità.

Tale conclusione – sempre secondo l’avviso espresso nella sentenza n esame - non muta anche dopo la modifica dell’art. 80, comma 5, disposta con l’art. 5 d.l. n. 135 del 2018, che ha “sdoppiato” nelle successive lettere c-bis) e c-ter) la preesistente elencazione, mantenendo peraltro nella lett. c) la previsione di portata generale (in termini, Cons. Stato, V, 22 luglio 2019, n. 5171).

Quanto poi alla valutazione, da parte della stazione appaltante, della rilevanza dei fatti posti alla base di una precedente risoluzione contrattuale, va ricordato (ex multis, Cons. Stato, V, n. 4248 del 2021, cit.) che nelle gare pubbliche il giudizio su gravi illeciti professionali è espressione di ampia discrezionalità da parte dell’amministrazione, cui il legislatore ha voluto riconoscere un ampio margine di apprezzamento circa la sussistenza del requisito dell'affidabilità dell’appaltatore.

Ne consegue che il sindacato che il giudice amministrativo è chiamato a compiere sulle motivazioni di tale apprezzamento deve essere mantenuto sul piano della “non pretestuosità” della valutazione degli elementi di fatto compiuta (nella specie, la non manifesta abnormità, contraddittorietà o contrarietà a norme imperative di legge nella valutazione degli elementi di fatto) e non può pervenire ad evidenziare una mera “non condivisibilità” della valutazione stessa.

Consiglio di Stato: la sostituzione del progettista “indicato”

La giurisprudenza ha da tempo affermato che il progettista “indicato”, benché soggetto esterno all’operatore economico e non qualificabile come concorrente, debba nondimeno soddisfare sia i requisiti generali sia quelli speciali, pena l’esclusione del concorrente che lo abbia designato (inter multis, Cons. Stato, V, 21 agosto 2020, n. 5164; 15 marzo 2016, n. 1031; 13 febbraio 2013, n. 857; VI, 18 gennaio 2012, n. 178; V, 20 ottobre 2010, n. 7581).

Lo ricorda il Consiglio di Stato (sez. V 27 luglio 2021 n. 5563), rimarcando che si è in particolare posto in risalto che “il possesso dei requisiti di ordine generale di cui all’articolo 38 [d.lgs. n. 163 del 2006] grava su tutti gli operatori economici che partecipino a qualunque titolo a procedure di evidenza pubblica, anche a prescindere da qualsiasi prescrizione della lex specialis e anche sui progettisti designati ai sensi dell’articolo 53, comma 3 del codice dei contratti pubblici” (Cons. Stato, V, 26 maggio 2015, n. 2638).

Consiglio di Stato: principio di separazione ma senza esagerazione…

Il principio di separazione tra offerta tecnica ed offerta economica (che impone che le offerte economiche debbano restare segrete per tutta la fase procedimentale in cui la Commissione compie le sue valutazioni sugli aspetti tecnici della proposta negoziale) trae fondamento dall'obiettivo di evitare che elementi di valutazione di carattere automatico possano influenzare la valutazione degli elementi discrezionale. 

Lo ricorda il Consiglio di Stato (sez. V 2 agosto 2021 n. 5645) evidenziando che siffatto principio si declina in una triplice regola, per cui: a) la componente tecnica dell'offerta e la componente economica della stessa devono essere necessariamente inserite in buste separate e idoneamente sigillate, proprio al fine di evitare la ridetta commistione; b) è precluso ai concorrenti l'inserimento di elementi economico-quantitativi all'interno della documentazione che compone l'offerta tecnica (qualitativa); c) l'apertura della busta contenente l'offerta economica deve necessariamente seguire la valutazione dell'offerta tecnica. 

Invero – proseguono i giudici di Palazzo Spada - la conoscenza di elementi economici da parte della Commissione di gara, nella fase della valutazione dell'offerta tecnica, che precede quella di valutazione dell'offerta economica, appare di per sé idonea a determinare anche solo in astratto un condizionamento dell'operato della Commissione medesima, alterando o perlomeno rischiando potenzialmente di alterare la serenità e l'imparzialità dell'attività valutativa della Commissione stessa. 

Nondimeno, per consolidato intendimento, il principio e le relative regole operative trovano applicazione, propter tenorem rationis, nei soli in casi in cui sussista effettivamente il pericolo di compromissione della garanzia di imparzialità della valutazione, il che accade, appunto, solo laddove concorrano elementi di giudizio a carattere discrezionale (inerenti l'apprezzamento dei profili tecnici e qualitativi della proposta negoziale articolata dagli operatori economici in concorrenza) ed elementi di giudizio a rilevanza obiettiva ed automatica (quali sono quelli della componente economica dell'offerta) e, dunque, soltanto allorché il criterio di aggiudicazione (che ingloba entrambi i profili) sia – come nella specie – quello della «offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo» (art. 95, 2° comma, d.leg. n. 50 del 2016): la peculiarità del bene giuridico protetto dal principio di segretezza dell'offerta economica impone, in effetti, che la tutela si estenda a coprire non solo l'effettiva lesione del bene, ma anche il semplice rischio di pregiudizio al medesimo, perché anche la sola possibilità di conoscenza dell'entità dell'offerta economica, prima di quella tecnica, è idonea a compromettere la garanzia di imparzialità dell'operato dell'organo valutativo. 

Il divieto in parola, peraltro, non può essere interpretato in maniera indiscriminata, al punto da eliminare ogni possibilità di obiettiva interferenza tra l'aspetto tecnico e quello economico dell'appalto posto a gara, attesa l'insussistenza di una norma di legge che vieti l'inserimento di elementi economici nell'offerta tecnica, a meno che uno specifico divieto non sia espressamente ed inequivocabilmente contenuto nella legge di gara; in particolare, possono essere inseriti nell'offerta tecnica voci a connotazione (anche) economica o elementi tecnici declinabili in termini economici se rappresentativi di soluzioni realizzative dell'opera o del servizio oggetto di gara (cfr. Consiglio di Stato, III, 9 gennaio 2020, n. 167): è, perciò, ammessa l'indicazione nell'offerta tecnica di alcuni elementi economici, resi necessari dagli elementi qualitativi da fornire, purché tali elementi economici non consentano di ricostruire la complessiva offerta economica o purché non venga anticipatamente reso noto il «prezzo» dell'appalto. 

In definitiva – conclude la pronuncia in commento - il divieto di commistione non va inteso né in senso assoluto, né in senso formalistico, ben potendo nell’offerta tecnica essere contenuti “elementi economici che non fanno parte dell’offerta economica, quali i prezzi a base di gara, i prezzi di listini ufficiali, i costi o prezzi di mercato, ovvero siano elementi isolati e del tutto marginali dell’offerta economica che non consentano in alcun modo di ricostruire la complessiva offerta economica” (Cons. Stato, V, 29 aprile 2020, n. 273; Id., V, 11 giugno 2018, n. 3609; Id., V, 11 giugno 2018, n. 3609; Id., III, 12 luglio 2018, n. 4284; Id., III, 3 aprile 2017 n. 1530).

Consiglio di Stato: il bid bond

Il bid bond presenta tutte le caratteristiche del contratto autonomo di garanzia (quali individuate dalla giurisprudenza civile: cfr. Cass., SS.UU., 18 febbraio 2010, n. 394) e che corrisponde alle caratteristiche ed ai criteri individuati nella pubblicazione n. 758 del 2010 della Camera di Commercio Internazionale di Parigi “Uniform Rules for Demand Guarantees” (URDG), tale da renderlo forma di garanzia alternativa al deposito cauzionale ammessa quanto meno quale alla stregua di uso negoziale.

Lo rileva il Consiglio di Stato (sez. V 3 agosto 2021 n. 5709) precisando inoltre che il bid bond comprende in sé anche l’impegno a prestare la garanzia a copertura della cauzione definitiva in caso di aggiudicazione del contratto, implicando la garanzia complessiva del “buon fine dell’operazione sottostante”, cioè l’aggiudicazione e l’esecuzione del contratto (Consiglio di Stato, V, 17 giugno 2017, n. 2851).
Appare dunque evidente l’inapplicabilità dell’art. 93, comma 3, del d.lgs. n. 50 del 2016, in quanto il bid bond è differente, per le caratteristiche sue proprie, dalla fideiussione.

Consiglio di Stato: accesso informale

Il c.d. “accesso informale” previsto dall’art. 5 d.P.R. 12 aprile 2006, n. 184 (Regolamento recante la disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi) costituisce una modalità di accesso ai documenti amministrativi massimamente semplificata considerato (non solo che può essere presentata anche verbalmente) che il richiedente può limitarsi anche solo ad indicare gli elementi essenziali dell’atto cui vuol accedere, spettando poi all’amministrazione la sua esatta identificazione al fine di darvi riscontro, nello spirito di massima apertura dell’amministrazione alle istanze dei privati a garanzia della totale trasparenza della sua azione

Ne segue che anche il solo riferimento “agli atti del procedimento in oggetto”, inteso come la procedura di gara, basta ad onerare l’amministrazione a mettere a disposizione del richiedente tutti gli atti di gara, ivi compresi quelli provenienti dagli altri operatori, come le offerte e le giustificazioni, nel caso si sia svolto il sub-procedimento di verifica dell’anomalia.

E’ quanto affermato dalla sez. V del Consiglio di Stato con sentenza 25 ottobre 2021 n. 7141.

Consiglio di Stato: prestazione di natura intellettuale

Ai sensi dell’art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50/2016, l’operatore non deve indicare, nella offerta economica, i propri costi della manodopera qualora, tra l’altro, si tratti di un appalto di servizi “di natura intellettuale”. 
16.2. Con riguardo alla interpretazione di tale locuzione, premesso che il Codice dei contratti pubblici non contiene una definizione di servizi di natura intellettuale, il Collegio rileva che la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha già avuto modo di evidenziare che: “in coerenza alla ratio dell’art. 95, comma 10, del codice dei contratti pubblici ciò che differenzia la natura intellettuale di un’attività è l’impossibilità di una sua standardizzazione e, dunque, l’impossibilità di calcolarne il costo orario” e che non può essere qualificato come appalto di servizi di natura intellettuale quello che “ricomprende anche e soprattutto attività prettamente manuali” o che “non richiedono un patrimonio di cognizioni specialistiche per la risoluzione di problematiche non standardizzate”(cfr. Cons. Stato, sez. III, sent. n. 1974 del 2020); di conseguenza, per servizi di natura intellettuale si devono intendere quelli che richiedono lo svolgimento di prestazioni professionali, svolte in via eminentemente personale, costituenti ideazione di soluzioni o elaborazione di pareri, prevalenti nel contesto della prestazione erogata rispetto alle attività materiali e all’organizzazione di mezzi e risorse; al contrario va esclusa la natura intellettuale del servizio avente ad oggetto l’esecuzione di attività ripetitive che non richiedono l’elaborazione di soluzioni personalizzate, diverse, caso per caso, per ciascun utente del servizio, ma l’esecuzione di meri compiti standardizzati (Cons. Stato, sez. V, n. 1291 del 2021; n. 4806 del 2020). 

E’ la posizione espressa dalla sezione IV del Consiglio di Stato (sentenza 2 ottobre 2021 n. 7094).

Consiglio di Stato: l’estromissione dall’ATI in caso di concordato in bianco

L’art. 48, commi 17, 18 e 19-ter, del d. lgs. n. 50 del 2016, nella formulazione attuale, consente la sostituzione, nella fase di gara, del mandante di un raggruppamento temporaneo di imprese, che abbia presentato domanda di concordato in bianco o con riserva a norma dell’art. 161, comma 6, l. fall, e non sia stata utilmente autorizzato dal tribunale fallimentare a partecipare a tale gara, solo se tale sostituzione possa realizzarsi attraverso la mera estromissione del mandante, senza quindi che sia consentita l’aggiunta di un soggetto esterno al raggruppamento.

L’evento che conduce alla sostituzione interna, ammessa nei limiti anzidetti, deve essere portato dal raggruppamento a conoscenza della stazione appaltante, laddove questa non ne abbia già avuto o acquisito notizia, per consentirle, secondo un principio di c.d. sostituibilità procedimentalizzata a tutela della trasparenza e della concorrenza, di assegnare al raggruppamento un congruo termine per la riorganizzazione del proprio assetto interno tale da poter riprendere correttamente, e rapidamente, la propria partecipazione alla gara. 
Anche l’Adunanza ha poi precisato con sentenza n. 10 del 27 maggio 2021 che il suddetto art. 48, commi 17, 18 e 19-ter, del d. lgs. n. 50 del 2016, nella formulazione attuale, consente la sostituzione meramente interna del mandatario o del mandante di un raggruppamento temporaneo di imprese con un altro soggetto del raggruppamento stesso in possesso dei requisiti, nella fase di gara, e solo nelle ipotesi di fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordinaria, concordato preventivo o di liquidazione o, qualora si tratti di imprenditore individuale, di morte, interdizione, inabilitazione o anche liquidazione giudiziale o, più in generale, per esigenze riorganizzative dello stesso raggruppamento temporaneo di imprese, a meno che – per questa ultima ipotesi e in coerenza con quanto prevede, parallelamente, il comma 19 per il recesso di una o più imprese raggruppate – queste esigenze non siano finalizzate ad eludere la mancanza di un requisito di partecipazione alla gara (Consiglio di Stato sez. III 17 agosto 2021 n. 5895).

Consiglio di Stato: ogni accesso ha il suo limite…

Il perimetro dell’accesso, anche dell’accesso civico generalizzato, resta delimitato dalla disponibilità delle informazioni richieste, dovendosi escludere ogni qualvolta l’Amministrazione debba impegnarsi in attività eccessivamente onerose e paralizzanti dell’ordinaria attività amministrativa, contrarie al principio di buon andamento ed economicità dell’azione amministrativa, per la raccolta di informazioni di cui non dispone direttamente e immediatamente e che, in ogni caso, sono già pubbliche.

E’ possibile, pertanto, respingere richieste manifestamente onerose o sproporzionate, ovvero tali da comportare un carico irragionevole di lavoro senza nulla aggiungere alle finalità di trasparenza e al diritto all’informazione dei cittadini che rappresentano la ratio dell’art. 5, comma 2, D.lgs. n. 33/2016 (Consiglio di Stato sez. III 6 settembre 2021 n. 6220 che richiama Consiglio di Stato sez. V, 4 gennaio 2021, n.60).

Consiglio di Stato: attenzione! anche le precedenti esclusioni dalle gare vanno dichiarate

Il provvedimento di esclusione – come una pronuncia civile (es. di risoluzione di precedente contratto di appalto per inadempimento) o penale (es. che accerti la commissione di un reato da parte di amministratori della società partecipante alla procedura anche solo allo scopo di applicare una misura cautelare o solamente la prospetti all’esito dell’attività di indagine disponendo il rinvio a giudizio) – va dichiarato allo scopo di informare la stazione appaltante della vicenda all’esito della quale è stato adottato; è quest’ultima che la stazione appaltante è tenuta ad apprezzare per dire se il concorrente abbia commesso un “grave illecito professionale”, inteso come comportamento contrario ad un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa, incidente sulla sua affidabilità professionale. 

Il provvedimento di esclusione – ma, lo si ripete, come qualsiasi altra pronuncia civile o penale – vale al più come “adeguato mezzo di prova” per le circostanze ivi rappresentate e la documentazione cui è fatto rinvio per dirle provate. Dire, allora, che il concorrente è onerato di dichiarare una “precedente esclusione”, è formula sintetica per dire che il concorrente è tenuto a dichiarare quella pregressa vicenda professionale astrattamente in grado di far dubitare della sua integrità e affidabilità professionale come operatore chiamato all’esecuzione di un contratto d’appalto (che abbia condotto la stazione appaltante ad adottare un provvedimento di esclusione). 

E’ la posizione espressa Consiglio di Stato sez. V con sentenza del 20 settembre 2021 n. 6407.

Consiglio di Stato: quando la matematica frena i ribassi…

La più recente giurisprudenza amministrativa si è orientata nel senso di ritenere «non contrarie a legge o irragionevoli formule matematiche volte a rendere marginale il peso degli elementi economici attraverso vari elementi correttivi»: così la sentenza del 23 dicembre 2019, n. 8688 (conforme anche il precedente di cui alla sentenza, sempre della V Sezione, del 23 novembre 2018, n. 6639, in essa richiamato).
Ha rilevato ancor più puntualmente la sentenza della sez. V, 26 novembre 2020, n. 7436 che la descritta evoluzione è avvenuta sulla base del «mutato contesto» (così anche la sentenza del 23 dicembre 2019, n. 8688) conseguente all’entrata in vigore del nuovo codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, in relazione al quale nelle linee-guida n. 2, sull’offerta economicamente più vantaggiosa, l’ANAC ha segnalato la possibilità di impiegare formule matematiche in funzione dissuasiva rispetto ad una competizione eccessiva sul prezzo e dunque in funzione correttiva del metodo tradizionale dell’interpolazione lineare (cfr. il § IV delle Linee-guida in esame).

E’ quanto si legge nella sentenza 8 ottobre 2021, n. 6735 della sez. III del Consiglio di Stato.

Lo ha affermato la sezione V del Consiglio di Stato con sentenza in data 31 maggio 2021 n. 4150.