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Pubblicato: Sabato, 06 Marzo 2021

Consiglio di Stato: il limite temporale dell’obbligo dichiarativo

Secondo Palazzo Spada un obbligo dichiarativo privo della individuazione di un generale limite di operatività temporale “potrebbe rilevarsi eccessivamente onerosa per gli operatori economici imponendo loro di ripercorrere a beneficio della stazione appaltante vicende professionali ampiamente datate o, comunque, del tutto insignificanti nel contesto della vita professionale di una impresa” (Consiglio di Stato sez. V 20 gennaio 2021 n. 632 che richiama i precedenti della medesima sezione 22 luglio 2019, n. 5171; 3 settembre 2018, n. 5142).

Si legge altresì nella pronuncia che la necessità di un limite generale di operatività degli obblighi dichiarativi è stata correlata all’art. 57, § 7, della direttiva 2014/24/UE, che ha fissato in tre anni dalla data del fatto la rilevanza del grave illecito professionale, seguita dalle linee guida ANAC n. 6/2016, precedute dal parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato n. 2286 del 26 ottobre 2016, che ha affermato, tra altro, la diretta applicazione nell’ordinamento nazionale della previsione di cui al predetto paragrafo. L’efficacia diretta c.d. “verticale” della disposizione comunitaria nell’ordinamento interno è stata riconosciuta da questa Sezione del Consiglio di Stato anche al di là di ogni questione inerente il non completo recepimento della predetta direttiva nel comma 10 dell’art. 80 [che, nella versione originaria, prevedeva la moratoria quinquennale solo con riferimento alla condanna definitiva in sede penale alla pena accessoria dell’incapacità a contrarre con la pubblica amministrazione, nulla disponendo per le cause di esclusione di cui ai commi 4, relative alle violazione fiscali e contributive, e 5, con particolare riferimento alla lett. c), relativa ai gravi illeciti professionali, reputandosi così inidonee ai fini dell’esclusione dell’operatore economico dalla gara le risoluzioni ante triennio (Cons. Stato, V, 21 novembre 2018, n. 6576)].

Consiglio di Stato: lo gara interamente gestita con sistemi telematici

Il Consiglio di Stato (sez. V 20 gennaio 2021 n. 623) fa il punto sulla gara gestita integralmente con sistemi telematici.

Ai sensi dell’art. 58 del D.lgs. n. 50/2016, le stazioni appaltanti sono abilitate - nel rispetto dei principi di trasparenza, semplificazione ed efficacia e ferma restando l’integrale applicazione delle ordinarie regole procedimentali – a fare ricorso “a procedure di gara interamente gestite con sistemi telematici” (comma 1), con la presentazione di un’unica offerta, ovvero “attraverso un’asta elettronica” (comma 2).

Sul piano tecnico, “il colloquio e la condivisione dei dati”, in termini di “comunicazioni e cambio di informazioni” deve avvenire nel rispetto del Codice dell’amministrazione digitale di cui al d. lgs. 7 maggio 2005, n. 82 e delle specifiche operative di cui all’art. 52 del d. lgs. n. 50/2016, integrate da “regole tecniche aggiuntive” emanate, ai sensi dell’art. 58, comma 10, dalla Agenzia per l’Italia Digitale (AGID), che, allo stato, vi ha provveduto con circolare n. 3 del 6 dicembre 2016.

Importa evidenziare che, in base a tali regole tecniche, la “dematerializzazione” dei dati e lo scambio di informazioni “con mezzi elettronici” concerne, relativamente alla fase di pre-aggiudicazione:

  1. a) la c.d. e-notification (cioè la pubblicazione elettronica dei bandi di gara);
  2. b) il c.d. e-access (accesso elettronico ai documenti di gara);
  3. c) la c.d. e-submission (cioè la presentazione delle offerte in formato elettronico, con attribuzione dei codici identificativi personali necessari ad operare sulla relativa piattaforma telematica: cfr. art. 58, comma 4);
  4. d) il c.d. e-Certis (il sistema informatico che consente di individuare i certificati e gli attestati più frequentemente richiesti nelle gare d’appalto);
  5. e) il ricorso all’ESPD (documento europeo unico di gara).

È evidente, per contro, che, una volta scaduto il termine di ricezione delle offerte, l’esame delle dichiarazioni e della documentazione attestante il possesso dei requisiti di partecipazione alla procedura e, all’esito, la valutazione, in successione, delle offerte tecniche e di quelle economiche, sono effettuate dalla stazione appaltante secondo le ordinarie modalità off line.

Per queste attività, la mera comunicazione (attraverso la pubblicazione sulla piattaforma telematica) avviene con il mezzo elettronico, senza ricorso alla verbalizzazione cartacea.

Nondimeno, le quante volte la stazione appaltante (e, segnatamente, la Commissione giudicatrice) abbia materialmente redatto verbale “cartaceo” delle operazioni effettuate, sottoscrivendolo senza ricorso alla firma digitale, si è in presenza – sempreché sia stata curata la pubblicazione dei verbali, anche in formato .pdf., a fini di trasparenza e di accesso – di una mera irregolarità formale, non idonea ad inficiare la correttezza e la legittimità delle operazioni valutative effettuate.

Consiglio di Stato: recesso dall’ATI per perdita di requisiti, solo in fase di esecuzione 

Come è noto, il principio di immodificabilità soggettiva dei partecipanti alle gare pubbliche mira a garantire una conoscenza piena, da parte delle amministrazioni aggiudicatrici, dei soggetti che intendono contrarre con le amministrazioni stesse, consentendo una verifica preliminare e compiuta dei requisiti di idoneità morale, tecnico-organizzativa ed economico-finanziaria dei concorrenti (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 4 maggio 2012, n. 8). 
Ne discende che, in linea di principio, deve ritenersi preclusa qualsiasi modificazione dei raggruppamenti temporanei che hanno partecipato a una gara pubblica, in quanto la modifica determinerebbe, almeno in parte, la modifica dello stesso soggetto che vi partecipa (Cons. Stato, sez. V, 20 gennaio 2015, n. 169.). 
Tale principio è espressamente sancito dall’art. 48, comma 9, del d. lgs. n. 50/2016, che – nel far salve le ipotesi di cui ai successivi commi 17 e 18, ammette la sostituzione “in caso di perdita […] dei requisiti”, ma esclusivamente “in corso di esecuzione”, all’evidente fine di salvaguardare il completamento del programma negoziale già in corso di attuazione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 18 febbraio 2019, n. 1116). 

E’ la posizione espressa dalla sezione V del Consiglio di Stato con la sentenza 28 gennaio 2021 n. 833.

Consiglio di Stato: se manca la cauzione provvisoria… niente soccorso istruttorio!

La “garanzia provvisoria” – destinata a coprire la “mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione” per fatto non imputabile alla stazione appaltante non costituisce un elemento formale, ma, in quanto posta a “corredo” dell’offerta (cfr. art. 93, comma 1), deve ritenersi “afferente” alla stessa – e non alla documentazione relativa alla dimostrazione del possesso dei requisiti di partecipazione – essendo come tale sottratta – per il principio che impedisce, a salvaguardia della par condicio, la modifica delle proposte negoziali da parte dei concorrenti – alla possibilità di soccorso istruttorio (Consiglio di Stato sez. V 26 gennaio 2021 n. 804).

Consiglio di Stato: no a rimodulazioni dell’offerta al solo scopo di "far quadrare i conti"

Il giudizio sull’anomalia dell’offerta postula un apprezzamento globale circa la sua affidabilità e consente compensazioni tra sottostime e sovrastime di talune voci dell’offerta economica, ferma restando la sua immodificabilità strutturale: è vietata, infatti, nella fase di controllo dell’anomalia una radicale, indiscriminata e arbitraria modificazione postuma della composizione dell’offerta, che ne alteri l’equilibrio economico, allocando diversamente rilevanti voci di costo tramite le giustificazioni fornite, con il solo limite del rispetto del saldo complessivo.

Lo rimarca il Consiglio di Stato (sez. V 3 febbraio 2021 n. 1001), evidenziando che ciò si porrebbe in contrasto con le esigenze conoscitive, da parte della stazione appaltante, della struttura di costi dell’offerta stessa e finirebbe per snaturare completamente la funzione e i caratteri del subprocedimento di anomalia, trasformando inammissibilmente le giustificazioni, che, nella disciplina legislativa di riferimento, servono a chiarire le ragioni della serietà e della congruità dell’offerta economica, in occasione, secundum eventum, per una sua libera rimodulazione, per mezzo di una scomposizione e di una diversa ricomposizione delle sue voci di costo, che implicherebbe, peraltro, oltre ad una evidente lesione delle esigenze di stabilità ed affidabilità dell’offerta, anche una violazione della par condicio tra i concorrenti (in tal senso Cons. di Stato, Sez. III, 10 marzo 2016, n. 962; Consiglio di Stato, Sezione V, 24.04.2017, n. 1896). 

Del resto, osservano i giudici di legittimità, “il subprocedimento di giustificazione dell'offerta anomala non è volto a consentire aggiustamenti dell'offerta per così dire in itinere ma mira, al contrario, a verificare la serietà di una offerta consapevolmente già formulata ed immutabile” (così Consiglio di Stato, Sez. V, 7 marzo 2019, n. 1565, che richiama Sez. VI, 6 febbraio 2012, n. 636 e Sez. V, 12 marzo 2009, n. 1451; in tal senso, si veda anche Consiglio di Stato, V sezione, 8 gennaio 2019, n. 171), così che in sede di giustificazioni non possono essere apoditticamente rimodulate le voci di costo senza alcuna motivazione, al solo scopo di "far quadrare i conti" ossia di assicurarsi che il prezzo complessivo offerto resti immutato e si superino le contestazioni sollevate dalla stazione appaltante su alcune voci di costo (cfr. Consiglio di Stato, VI, 7 febbraio 2012, n. 636).

Consiglio di Stato: le false dichiarazioni in precedenti gare sono irrilevanti per le gare successive

Il partecipante ad una gara di appalto non è tenuto a dichiarare le esclusioni comminate nei suoi confronti in precedenti gare per aver dichiarato circostanze non veritiere, poiché, al di là dei provvedimenti sanzionatori spettanti all’ANAC in caso di dolo o colpa grave nel mendacio, la causa di esclusione dell’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione si riferisce – e si conclude – all’interno della procedura di gara in cui è maturata (Consiglio di Stato sez. V 3 febbraio 2021 n. 1000).

Consiglio di Stato: in caso di subappalto necessario non occorre indicare il nome del subappaltatore

Sebbene l’istituto non sia espressamente previsto nel Codice dei contratti pubblici, esso è compatibile con l’assetto delineato dall’art. 105 in tema di subappalto, non è smentito dalle norme del Codice concernenti il possesso dei requisiti da parte degli esecutori dei lavori pubblici ed è tuttora praticabile per la confermata vigenza dell’art. 12 (Disposizioni urgenti in materia di qualificazione degli esecutori dei lavori pubblici), comma 1 e 2, del d.l. 28 marzo 2014, n. 47, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80.
Al di fuori delle ipotesi di cui all’art. 105, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016, in sede di presentazione dell’offerta non è obbligatoria per legge l’indicazione nominativa dell’impresa subappaltatrice, neppure in caso di subappalto necessario – ovvero allorché il concorrente non possieda la qualificazione nelle categorie scorporabili.

La sospensione dell’obbligo di indicazione della terna di subappaltatori, in quanto riferita senza eccezioni al subappalto, è applicabile anche al subappalto “necessario”, in linea di continuità con la giurisprudenza sopra richiamata che non ha ritenuto di poter differenziare quest’ultimo in relazione a tale specifico aspetto (Consiglio di Stato, sez. V, 15 febbraio 2021 n. 1308).

Consiglio di Stato: la discrezionalità della PA nella valutazione degli illeciti professionali

L’art. 80, comma 5, lett. c) d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 rimette alla stazione appaltante il potere di apprezzamento delle condotte dell’operatore economico che possono integrare un “grave illecito professionale”, tale da metterne in dubbio la sua integrità o affidabilità anche oltre le ipotesi elencate nel medesimo articolo, le quali, dunque, hanno carattere meramente esemplificativo (Cons. Stato, Sez. V, 3 settembre 2018, n.5142). Ne deriva che le sentenze di condanna e procedimenti penali pendenti per titoli di reato diversi da quelli di cui all’art. 80 comma 1 e 2 possono entrare, in concorso come nella specie con altri elementi, nel fulcro dell’apprezzamento dell’esistenza dell’avvenuta commissione dei “…gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la (sua) integrità o affidabilità…” dell’operatore economico. Analogamente, se deve convenirsi che l'irrogazione di una penale non costituisce da sola indizio del fatto che l'inadempienza all'origine della stessa è espressiva di una significativa o persistente carenza nell'esecuzione di un precedente contratto, nondimeno la circostanza che non sia intervenuta risoluzione contrattuale, e che il contratto abbia avuto ulteriore esecuzione, non costituisce elemento decisivo per escluderne in assoluto la rilevanza (Consiglio di Stato sez. IV 16 febbraio 2021 n. 1443).

Consiglio di Stato: illeciti professionali, l’ammissione non necessità di specifica motivazione

La condotta dell’amministrazione è conforme all’orientamento giurisprudenziale per il quale la stazione appaltante, che non ritenga la pregressa vicenda professionale dichiarata dal concorrente incisiva della sua moralità professionale, non è tenuta a esplicitare in maniera analitica le ragioni di siffatto convincimento, potendo la motivazione risultare anche implicita o per facta concludentia, ossia con l'ammissione alla gara dell'impresa, mentre è il provvedimento di esclusione, fondato sulla valutazione di gravità tale da elidere l’affidabilità del concorrente, che richiede l'assolvimento di un particolare onere motivazionale; in sintesi, la stazione appaltante deve motivare puntualmente le esclusioni, e non anche le ammissioni, se su di esse non vi è, in gara, contestazione.

Lo afferma il Consiglio di Stato (sez. V 19 febbraio 2021 n. 1500) richiamando precedenti pronunce in materia (Consiglio di Stato, V, 5 maggio 2020, n. 2850; VI, 18 luglio 2016, n. 3198; C.G.A.R.S., 23 gennaio 2015, n. 53; Consiglio di Stato, VI, 21 maggio 2014, n. 2622; III, 24 dicembre 2013, n. 6236; V, 30 giugno 2011, n. 3924; III, 11 marzo 2011, n.1583; VI, 24 giugno 2010, n. 4019).

Consiglio di Stato: accesso solo se il documento è “necessario”

Secondo la disciplina positiva del diritto di accesso, da intendersi come situazione soggettiva strumentale per la tutela di situazioni sostanziali (cfr. Consiglio di Stato, Ad. Pl., 18 aprile 2006, n. 6), sul piano della logica difensiva viene “comunque” garantito l’accesso, entro gli stringenti limiti in cui la parte interessata all’ostensione dimostri la necessità (o la stretta indispensabilità per i dati sensibili e giudiziari), la corrispondenza e il collegamento tra la situazione che si assume protetta ed il documento di cui si invoca la conoscenza.
In particolare, come di recente statuito dall’Adunanza plenaria nella sentenza n. 20 del 25 settembre 2020, “la necessità (o la stretta indispensabilità) della conoscenza del documento determina il nesso di strumentalità tra il diritto all’accesso e la situazione giuridica ‘finale’, nel senso che l’ostensione del documento amministrativo deve essere valutata, sulla base di un giudizio prognostico ex ante, come il tramite – in questo senso strumentale – per acquisire gli elementi di prova in ordine ai fatti (principali e secondari) integranti la fattispecie costitutiva della situazione giuridica ‘finale’ controversa e delle correlative pretese astrattamente azionabili in giudizio. La delibazione è condotta sull’astratta pertinenza della documentazione rispetto all’oggetto della res controversa”.

Pertanto, se, da un lato, ai fini dell’accesso è sufficiente la sussistenza del solo nesso di necessaria strumentalità tra l’accesso e la cura o la difesa in giudizio dei propri interessi giuridici (v. art. 24, comma 7, legge n. 241/1990 e s.m.i.), dall’altro, vi è la necessità di circoscrivere le qualità dell’interesse legittimante a quelle ipotesi che – sole – garantiscono la piena corrispondenza tra la situazione (sostanziale) giuridicamente tutelata ed i fatti (principali e secondari) di cui la stessa fattispecie si compone, atteso il necessario raffronto che l’interprete deve operare, in termini di pratica sussunzione, tra la fattispecie concreta di cui la parte domanda la tutela in giudizio e l’astratto paradigma legale che ne costituisce la base legale (cfr. Consiglio di Stato, Ad. Pl., n. 20/2020).
Inoltre, il legislatore ha ulteriormente richiesto che la situazione legittimante l’accesso sia “collegata al documento al quale è chiesto l’accesso”, in modo tale da evidenziare in maniera diretta ed inequivoca il nesso di strumentalità che avvince la situazione soggettiva finale al documento di cui viene richiesta l’ostensione, e per l’ottenimento del quale l’accesso difensivo, in quanto situazione strumentale, fa da tramite (cfr. Cons. Stato, Ad. pl., n. 20/2020).

Del resto, la giurisprudenza del Consiglio di Stato, a cui il Collegio intende aderire, è da tempo consolidata nell’affermare la necessità, nell’ambito del diritto di accesso, del rapporto di strumentalità tra tale interesse e la documentazione di cui si chiede l’ostensione, negando la ammissibilità di un controllo generalizzato, generico e indistinto del singolo sull’operato dell’amministrazione (Cons. Stato, Sez. V, 21 maggio 2020, n. 3212; Sez. VI, 25 agosto 2017, n. 4074) e facendo ricadere l’onere della prova del suddetto nesso di strumentalità su chi agisce, secondo i principi generali del processo (Cons. Stato, III, 26 ottobre 2018, n. 6083; V, 12 novembre 2019, n. 7743).

Consiglio di Stato: verifica dei requisiti e aggiudicazione

La verifica dei requisiti può essere ultimata anche dopo l’aggiudicazione. Pertanto, il fatto che l’efficacia dell’aggiudicazione soggiaccia alla condizione sospensiva del positivo esito di dette attività, non costituisce motivo di illegittimità dell’azione amministrativa.

Dunque, non è affatto corretto sostenere che la stazione appaltante era tenuta ad effettuare tutti i controlli e le verifiche disposte dalla normativa di settore prima di aggiudicare il servizio; ed il passaggio dell’art. 23 richiamato in tal senso dall’appellante è inconferente ai fini che qui rilevano, perché riferito ad un diverso momento procedimentale (l’approvazione della proposta di aggiudicazione).

E’ quanto affermato dal Consiglio di Stato (sez. III 23 febbraio 2021 n. 1576).