TAR Lazio: il limite del subappalto, va applicato per gli appalti sotto soglia
Il TAR Lazio (Roma sez. III ter 8 febbraio 2021 n. 1575) affronta il tema del subappalto, alla luce della nota sentenza della Corte di Giustizia del 2019.
I giudici romani, ricostruiscono la vicenda ricordando che l’art. 105 del d.lgs. 50/2016 prevede:
- al comma 2: “…. Fatto salvo quanto previsto dal comma 5, l'eventuale subappalto non può superare la quota del 30 per cento dell'importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture”;
- al comma 5: “Per le opere di cui all'articolo 89, comma 11, e fermi restando i limiti previsti dal medesimo comma, l'eventuale subappalto non può superare il trenta per cento dell'importo delle opere e non può essere, senza ragioni obiettive, suddiviso”.
L’art. 89 comma 11 dello stesso decreto, richiamato dall’art. 105 comma 5, ha ad oggetto le “opere per le quali sono necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica, quali strutture, impianti e opere speciali. E' considerato rilevante, ai fini della sussistenza dei presupposti di cui al primo periodo, che il valore dell'opera superi il dieci per cento dell'importo totale dei lavori”.
Il TAR rileva quindi che l’art. 105 commi 2 e 5 del Codice dei Contratti è stato, in primo luogo, oggetto della procedura di infrazione 2018/2273, avviata dalla Commissione Europea nei confronti dell’Italia con atto di costituzione in mora del 24 gennaio 2019; quest’ultimo, al punto 1.3, ha evidenziato il contrasto delle citate disposizioni con le direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE (“la Commissione conclude che l’articolo 105, comma 2, terza frase, e l’articolo 105, comma 5, del decreto legislativo 50/2016 violano l’articolo 63, paragrafo 1, secondo comma, l’articolo 63, paragrafo 2, e l’articolo 71 della direttiva 2014/24/UE”).
Prima della definizione di tale procedura, peraltro, la Corte di Giustizia, sez. V, con la sentenza del 26 settembre 2019 nella causa C-63/18, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta ai sensi dell'articolo 267 TFUE dal TAR per la Lombardia con ordinanza del 13 dicembre 2017 (inerente un appalto di lavori) ha affermato che:
- (40) “la normativa nazionale di cui al procedimento principale vieta in modo generale e astratto il ricorso al subappalto che superi una percentuale fissa dell'appalto pubblico in parola, cosicché tale divieto si applica indipendentemente dal settore economico interessato dall'appalto di cui trattasi, dalla natura dei lavori o dall'identità dei subappaltatori. Inoltre, un siffatto divieto generale non lascia alcuno spazio a una valutazione caso per caso da parte dell'ente aggiudicatore”;
- (45) “… occorre rispondere alla questione pregiudiziale dichiarando che la direttiva 2014/24 dev'essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che limita al 30% la parte dell'appalto che l'offerente è autorizzato a subappaltare a terzi.”.
La sentenza in argomento, come risulta dal par. 22, ha valutato la questione di compatibilità dell’art. 105 d.lgs. 50/2016 con il diritto dell’Unione esclusivamente in relazione alla direttiva 2014/24 – nonostante il TAR Lombardia, nell’ordinanza ex art. 267 TFUE, avesse sollevato la questione anche con riferimento alla ipotizzata violazione delle disposizioni generali di cui agli art. 49 e 56 TFUE e del principio di proporzionalità - rilevando che “poiché il valore dell'appalto di cui al procedimento principale, al netto dell'IVA, è superiore alla soglia di EUR 5 225 000 prevista all'articolo 4, lettera a), della direttiva 2014/24, è con riferimento a quest'ultima che occorre rispondere alla presente domanda di pronuncia pregiudiziale”.
La Corte UE si è, inoltre, espressa in termini analoghi con la successiva sentenza della sez. V 27 novembre 2019, nella causa C-402/18, con riferimento ad un appalto pubblico di servizi bandito nel vigore della previgente direttiva 2004/18, affermando la contrarietà all’art. 25 di quest’ultima dell’art. 118, commi 2 e 4, del decreto legislativo n. 163/2006 (abrogato dal d.lgs. 50/2016).
La giurisprudenza interna ha recepito le indicazioni della Corte comunitaria affermando che:
- la norma del codice dei contratti pubblici che pone limiti al subappalto deve essere disapplicata in quanto incompatibile con l’ordinamento euro-unitario, come affermato dalla Corte di Giustizia (Corte di Giustizia U.E., Sezione Quinta, 26 settembre 2019, C-63/18; Id., 27 novembre 2019, C-402/18; in termini Cons. St., V, 16 gennaio 2020, n. 389, che ha puntualmente rilevato come «i limiti ad esso relativi (30% per cento “dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture”, secondo la formulazione del comma 2 della disposizione richiamata applicabile ratione temporis, […] deve ritenersi superato per effetto delle sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea»)”(Consiglio di Stato, sez. V, 17 dicembre 2020 n. 8101);
- è considerata contraria al diritto comunitario la previsione di un limite generale all’utilizzo di questo istituto che prescinda dal settore economico interessato, dalla natura delle prestazioni e dall’identità dei subappaltatori. L’affermazione di tale principio però non esclude che in casi specifici, con riferimento a determinate tipologie di appalto come quelle riguardanti le opere superspecialistiche, non possa essere giustificato un limite percentuale all’esperibilità del subappalto in relazione alla natura particolare delle prestazioni da svolgere, come prevede l’art. 63, paragrafo 2, della direttiva UE n. 2014/24. Quest’ultimo stabilisce infatti che (anche) nel caso di appalti di lavori le amministrazioni aggiudicatrici possono esigere che alcuni compiti essenziali siano direttamente svolti dall’offerente. (TAR Toscana, 9 luglio 2020 n. 898).
Dal riferito quadro giurisprudenziale deve inferirsi l’illegittimità, per contrasto con l’art. 71 della direttiva 2014/24, delle sopra riportate disposizioni dell’art. 105 del d.lgs. 50/2016 e, in generale, delle ulteriori norme nazionali che prevedano dei limiti generalizzati al subappalto delle prestazioni contrattuali, fermo restando il potere della stazione appaltante di valutare e adeguatamente motivare, in relazione alla specificità del caso, la previsione di eventuali limiti proporzionati allo specifico obiettivo da raggiungere.
Come noto, le norme nazionali contrastanti con le disposizioni europee devono essere disapplicate, in virtù del principio di primazia del diritto comunitario.
Tuttavia, conclude il Tribunale laziale, i riferiti principi non possono “trovare applicazione al caso di specie, poiché lo stesso riguarda un appalto di importo (€ 1.718.887,01) inferiore alla soglia comunitaria (fissata, per gli appalti di lavori, in € 5.225.000, ai sensi di quanto disposto, da ultimo, dai regolamenti n. 1828/2019 e 1827/2019 che modificano, rispettivamente, la direttiva 2014/24/UE e la direttiva 2014/23/UE, a decorrere dal 20 novembre 2019 e con effetto dal 1° gennaio 2020)”.
Le norme della direttiva 2014/24 – rispetto alle quali la Corte UE ha affermato il contrasto dell’art. 105 d.lgs. 50/2016 – “trovano infatti applicazione, come stabilito dall’art. 4 della stessa, esclusivamente agli appalti che abbiano un importo, al netto dell'IVA, pari o superiore alle soglie dallo stesso individuate, come periodicamente revisionate ai sensi dell’art. 6 della stessa direttiva”.
TAR Piemonte: se manca la firma di un’impresa raggruppata……
In caso partecipazione da parte di raggruppamenti non ancora costituiti, l’offerta - ai sensi dell’art.48 comma 8 del D. Lgs. n. 50/2016 - deve essere sottoscritta da tutti gli operatori economici che costituiranno i raggruppamenti temporanei a pena di esclusione, attese le imprescindibili esigenze di certezza della riconducibilità dell'offerta agli operatori che, con la presentazione dell’offerta, intendono impegnarsi nei confronti dell’amministrazione appaltante e di coercibilità dei relativi impegni nella successiva fase esecutiva.
Lo afferma il TAR Piemonte (sez. II 28 gennaio 2021 n. 91), il quale, aderendo all’orientamento ampiamente maggioritario in giurisprudenza, ribadisce che la mancata sottoscrizione del documento contenente l’offerta economica non è sanabile mediante il ricorso al soccorso istruttorio il quale, in virtù dell’articolo 83, comma 9, del d.lgs. n. 50 del 2016, non può essere utilizzato per sanare le carenze degli elementi sostanziali dell’offerta economica - tra i quali rientra la sottoscrizione per le funzioni essenziali che essa spiega - senza che sia necessaria un’espressa previsione nella lex specialis, pena, in caso contrario la lesione della par condicio dei concorrenti.
Secondo i giudici sabaudi, le esigenze perseguite dal legislatore con la previsione di cui all’art. 48, c. 8, d.lgs. n. 50/2016 non possono ritenersi adeguatamente soddisfatte mediante il mandato con rappresentanza conferito all'impresa capogruppo, trattandosi - quest'ultimo - di un atto che non assicura che il mandatario adempia correttamente agli obblighi gestori e di rappresentanza verso i terzi assunti nei confronti delle mandanti, con il conseguente rischio che possano insorgere contestazioni interne ai componenti del raggruppamento incidenti negativamente sulla fase di esecuzione del contratto (Consiglio di Stato, sez. III, sent. n. 6530/2020).
Né può assumere rilevanza la sottoscrizione digitale da parte della mandante del solo allegato relativo ai costi della manodopera.
TAR Veneto: pubblicazione sul sito equivale a conoscenza dell’aggiudicazione
La pubblicazione degli atti sul profilo di committente prevista dall’art. 29 del Codice, atteso tra l’altro il carattere universale e gratuito dell’accesso al sito stesso, rappresenta strumento di conoscenza legale degli atti di gara, idoneo (sia pure a condizione della disponibilità integrale degli atti) a far decorrere il termine di impugnazione, in tal modo riconoscendo in capo all’operatore economico interessato alla gara d’appalto un onere di consultazione del suddetto sito (Adunanza Plenaria sentenza n. 12/2020). In assenza di indici normativi di segno contrario, all’obbligo di cui all’articolo 29, comma 1, - ed al correlativo onere di consultazione del profilo del committente da parte dei concorrenti – va riconosciuta portata generale e deve, pertanto, ritenersi applicabile anche alle gare telematiche, come peraltro, dimostra l’articolo 79, comma 5-bis, D.Lgs. 50/2016 che prevede, in caso di malfunzionamento del sistema telematico attraverso il quale si svolge la gara, che la proroga dei termini per la presentazione delle offerte sia pubblicata sul profilo del committente (TAR Veneto sez. II 9 febbraio 2021 n. 183).
TAR Lombardia: il progettista indicato può essere sostituito
Non essendo un offerente, ma un collaboratore del concorrente, deve ritenersi possibile la sostituzione del progettista indicato con altro professionista, non incorrendosi in una ipotesi di modificazione dell’offerta né di modificazione soggettiva del concorrente, come invece ritenuto dalla stazione appaltante con il provvedimento impugnato.
Lo afferma il TAR Lombardia Milano (sez. I 27 gennaio 2021 n. 252) evidenziando che, d’altro canto, escludere in via automatica il concorrente per una carenza riscontrata in capo a soggetto allo stesso estraneo costituisce un esito contrario ai principi comunitari di cui all’art. 57 comma 3 della Direttiva UE 2014/24, ed in particolare a quello di proporzionalità (cfr. in proposito Corte di Giustizia Europea 30 gennaio 2020, in causa C-395/2019). Sotto tale profilo – osservano i giudici lombardi – l’assenza di una previsione nella lex specialis contemplante l’ipotesi di sostituzione del progettista è irrilevante, operando l’eterointegrazione della legge di gara con i principi di matrice europea e i principi generali dell’ordinamento interno.
TAR Emila: inversione procedimentale e soglia di anomalia
Ai sensi degli artt. 95, comma 15, e 133, comma 8, d.lgs. n. 50 del 2016, nelle procedure aperte con l’applicazione dell’inversione procedimentale vale il principio dell'invarianza delle offerte affermato dal richiamato art. 95, comma 15, non ammettendosi dunque più modifiche alla soglia di anomalia una volta terminata la fase amministrativa di ammissione in senso stretto, senza inclusione della successiva fase di regolarizzazione ovvero dell’esito del sub procedimento di soccorso istruttorio (TAR Emilia Romagna Bologna sez. I 28 dicembre 2020 n. 857).
TAR Toscana: principio di “invarianza”
La applicazione del principio di invarianza sancito dall’art. 95 comma 15 del D.Lgs 50/2016 ha ricevuto una applicazione particolarmente restrittiva nel panorama giurisprudenziale nel quale si è evidenziato da una parte che esso non può costituire ostacolo al diritto costituzionalmente garantito alla tutela giurisdizionale (ipotesi che nella specie non ricorre) e dall’altra che il richiamo alla “fase di ammissione e regolarizzazione delle offerte” si ricollegava alla norma che attribuiva natura immediatamente impugnabile agli atti di ammissione elevandola così ad autonomo sub procedimento della gara il cui venir meno non consentirebbe oggi di enucleare con certezza il momento a partire dal quale il calcolo delle medie dovrebbe considerarsi insensibile all’esclusione di alcuni concorrenti.
E’ quanto affermato dal TAR Toscana (sez. I 22 febbraio 2021 n. 286), il quale sottolinea come la giurisprudenza prevalente identifichi ora tale momento con quello della aggiudicazione definitiva, posto che, allo stato attuale, tale atto, in quanto conclusivo della intera procedura, costituisce necessariamente anche ultimazione della fase di ammissione che ne costituisce un segmento interno (TAR Catania, I, 3077/2019; Consiglio di Stato, 22 dicembre 2015, n. 740, 11 gennaio 2017, n. 14, e 5 aprile 2017, n. 159).
Osservano quindi i togati fiorentini che il principio di invarianza costituisce proprio un limite alla retroazione degli effetti dell’annullamento della aggiudicazione cagionato dalla presenza in gara di imprese che non avrebbero dovuto parteciparvi.
Ciò si desume chiaramente dal tenore letterale dell’art. 95 comma 15 del codice dei contratti laddove sancisce che le variazioni della platea dei concorrenti, a cui le medie devono restare insensibili, può conseguire anche da un provvedimento giurisdizionale.
L’avverbio “anche” lascia, peraltro, intendere con chiarezza che la volontà del legislatore è stata quella di rendere applicabile la regola della invarianza a qualunque ipotesi (anche stragiudiziale) di “variazione” successiva alla fase di ammissione e regolarizzazione delle offerte che, come sopra chiarito, deve ritenersi definitivamente conclusa con la aggiudicazione definitiva.
TAR Campania: per avvalimento “esperienza pregressa” necessario ruolo esecutivo dell’ausiliaria
Si segnala un’interessante sentenza del TAR Campania in tema di avvalimento del requisito dell’esperienza pregressa (TAR Campania - Napoli sez. VIII 25 febbraio 2021 n. 1271)
Ai sensi dell’art. 89, comma 1, del Codice – che costituisce la trasposizione dell’articolo 63 della direttiva 2014/24 - l'operatore economico, singolo o in raggruppamento di cui all'articolo 45, per un determinato appalto, “può soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico e professionale di cui all'articolo 83, comma 1, lettere b) e c), necessari per partecipare ad una procedura di gara, e, in ogni caso, con esclusione dei requisiti di cui all'articolo 80, nonché il possesso dei requisiti di qualificazione di cui all'articolo 84, avvalendosi delle capacità di altri soggetti, anche di partecipanti al raggruppamento, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi. Per quanto riguarda i criteri relativi all'indicazione dei titoli di studio e professionali di cui all'allegato XVII, parte II, lettera f), o alle esperienze professionali pertinenti, gli operatori economici possono tuttavia avvalersi delle capacità di altri soggetti solo se questi ultimi eseguono direttamente i lavori o i servizi per cui tali capacità sono richieste".
L’intento del legislatore è quello di fare un passo ulteriore in termini di concretezza ed effettività̀ del requisito esperienziale oggetto di avvalimento, non essendo sufficiente neppure la rigorosa specificazione dei requisiti forniti e delle risorse messe a disposizione, richiesta per il normale avvalimento operativo, richiedendo l’impegno dell’ausiliaria ad eseguire direttamente i lavori o i servizi.
In tale ottica ha inteso la disposizione anche l’Autorità che non ha ritenuto legittimo il ricorso all’avvalimento di requisiti rappresentati da “esperienze professionali pertinenti” quando il contratto di avvalimento non reca l’impegno dell’ausiliaria ad eseguire direttamente i servizi per i quali tali capacità sono richieste (Parere di Precontenzioso n. 221 del 01/03/2017; nonché Parere di Precontenzioso n. 1343 del 20/12/2017). È stato ritenuto, infatti, che il contratto debba contenere tale impegno, analogamente alla necessaria specifica indicazione delle risorse messe a disposizione, per dare concretezza all’obbligo dell’ausiliaria di fornire all’ausiliata i mezzi necessari per garantire l’affidabilità; il supplemento di responsabilità, insito nell’istituto dell’ avvalimento, deve inoltra consistere nel mettere a disposizione dell’ausiliata determinate e/o concrete risorse, che devono essere specificatamente indicate nel contratto di avvalimento, come prescritto, a pena di nullità, dall’art. 89, comma 1, ultimo periodo, D.Lg.vo 50/2016.
La posizione viene ribadita nella Delibera ANAC n. 419/2018 e nella giurisprudenza più recente (TAR Veneto, sez. I, 23 aprile 2018, n. 439 e Consiglio di Stato 3 aprile 2019 n. 2191), richiedendosi che il contratto di avvalimento avente ad oggetto il prestito del requisito di “esperienza pregressa” deve prevedere, a pena di nullità, l’assunzione da parte dell’ausiliaria di un concreto ed effettivo ruolo esecutivo.
TAR Puglia: le clausole di esclusione devono essere tassative e univoche
Secondo un pacifico principio giurisprudenziale “a fronte di più possibili interpretazioni di una clausola della lex specialis di gara (una avente quale effetto l’esclusione dalla gara e l’altra tale da consentire la permanenza del concorrente), non può legittimamente aderirsi all’opzione che, ove condivisa, comporterebbe l’esclusione dalla gara, dovendo essere favorita l’ammissione del più elevato numero di concorrenti, in nome del principio del favor partecipationis e dell’interesse pubblico al più ampio confronto concorrenziale” (in tal senso - ex multis -: Consiglio di Stato, V, 12 maggio 2017, n. 2232; id., V, 24 febbraio 2017, n. 869; 5 ottobre 2017, n. 4644).
E’ quanto rimarcato dal TAR Puglia (Lecce sez. III 10 febbraio 2021 n. 227), il quale evidenzia altresì che il principio generale della più ampia partecipazione alle gare pubbliche, volto a favorire la massima tutela della concorrenza e l’interesse pubblico alla selezione dell’impresa più idonea, è ulteriormente ribadito dall’art. 83, comma 2, del D. Lgs. n. 50 del 2016 il quale prevede che i requisiti e le capacità (economico-finanziarie e tecnico professionali) «sono attinenti e proporzionati all’oggetto dell’appalto, tenendo presente l’interesse pubblico ad avere il più ampio numero di potenziali partecipanti, nel rispetto dei principi di trasparenza e rotazione».
A tanto aggiungasi che i chiarimenti resi dalla Stazione appaltante dopo la pubblicazione di un bando di gara, sono ammissibili purché non modifichino la disciplina dettata per lo svolgimento della gara, cristallizzata nella lex specialis, avendo i medesimi una mera funzione di illustrazione delle regole già formate e predisposte dalla disciplina di gara, senza alcuna incidenza in termini di modificazione o integrazione delle condizioni di gara (Consiglio di Stato, Sez. VI, 2 marzo 2017, sent. n. 978; id. 13 gennaio 2016, sent. n. 74; 20 aprile 2015, sent. n. 1993; 15 dicembre 2014, sent. n. 6154; Sez. VI, 15 dicembre 2014, sent. n. 6154; Sez. V, 31 ottobre 2012, sent. n. 5570 e Sez. V, 13 luglio 2010, sent. n. 4526).
I chiarimenti della Stazione appaltante possono infatti costituire interpretazione autentica con cui l'Amministrazione chiarisce la propria volontà provvedimentale, meglio delucidando le previsioni della lex specialis (Consiglio di Stato, Sez. III, 22 gennaio 2014, sent. n. 290; id: Sez. IV, 21 gennaio 2013, sent. n. 341); ciò è tuttavia consentito soltanto nelle ipotesi in cui non sia ravvisabile un conflitto tra le delucidazioni fornite dall'Amministrazione ed il tenore delle clausole chiarite (Consiglio di Stato, Sez. IV, 14 aprile 2015, sent. n. 1889), in caso di contrasto dovendo darsi prevalenza alle clausole della lex specialis e al significato desumibile dal tenore delle stesse, per quello che oggettivamente prescrivono.
TAR Calabria: le istanza di accesso vanno proposte entro 15 gg dall’aggiudicazione
Il termine entro il quale l’impresa è tenuta a proporre istanza di accesso agli atti di una procedura di gara pubblica, in quanto incidente sul termine di decadenza dell’art. 120 c.p.a., è di quindici giorni decorrenti dalla comunicazione dell’aggiudicazione.
Lo afferma il TAR Calabria (Catanzaro sez. I 22 febbraio 2021 n. 359), rimarcando che il Consiglio di Stato in sede Plenaria ha precisato che, pur a fronte della mancata riproposizione di un termine per esercitare il diritto di accesso nelle procedure di gara previsto nel codice del 2006 all’art. 79 comma 5 quater in 10 giorni, l’individuazione del dies a quo per l’impugnazione continua a dipendere non solo dal rispetto delle disposizioni sulle formalità inerenti alla 'informazione' e alla 'pubblicazione' degli atti, ma anche “dalle iniziative dell'impresa che effettui l'accesso informale con una 'richiesta scritta” impresa in ciò tenuta alla regola della diligenza.
Osservano quindi i giudici calabresi che siffatto onere di diligenza, si badi, per come sottolineato dalla Plenaria (v. punto 28.2), risulta anche nella giurisprudenza della Corte di Giustizia la quale ha affermato la compatibilità comunitaria di un sistema di contenzioso sui contratti pubblici in cui il termine per impugnare inizi a decorrere da quando l’impresa ha avuto o avrebbe dovuto avere conoscenza della presunta violazione delle disposizioni sull’evidenza pubblica (v. Corte di Giustizia, Sez. IV, 14 febbraio 2019, in C-54/18 e Sez. V, 8 maggio 2014, in C-161/13).
L’attenta lettura della sentenza n. 12/2020 (v. punti 19, 22 e 27) porta a comprendere che il Consiglio di Stato abbia ricavato il termine entro il quale l’impresa è tenuta proporre istanza di accesso, in quanto incidente sul termine di decadenza dell’art. 120 c.p.a., in quello di quindici giorni, analogicamente estendendo il termine previsto dall'art. 76, comma 2 nuovo c.c.p. per la p.a. per far accedere a quello ad quem per l’operatore per avanzare l’istanza di accesso per identità di ratio.
Tale limite temporale, pur a fronte dell’abrogazione dell’art. 79 co. 5 quater d.lgs. n. 163/2006, hanno osservato diverse pronunce, risulta imprescindibile per evitare che il termine di impugnazione sia rimesso alle iniziative di ostensione (consapevoli o meno) dell’operatore economico con inaccettabili conseguenze di incertezza sulla stabilità degli atti della procedura di evidenza pubblica e di conseguenza sui tempi del contratto.
A ciò va aggiunto come non possa dimenticarsi il meticoloso coordinamento legislativo disciplinato (anzitutto) con la stand still (oltre che con le modalità/tempistiche delle comunicazioni imposte alla S.A., con l’abolizione nella materia dei contratti del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, con la previsione della notifica del ricorso anche alla P.a. presso la sede) tra tempi del processo e tempi di conclusione del contratto, tempo finale questo il cui rigore è stato ribadito con la novella dell’art. 32 c.c.p. da parte del decreto semplificazioni (d.l. n. 76/2020).
D’altro canto – conclude la pronuncia in esame - ove si negasse la sussistenza di un termine finale esigibile dall’impresa per avere completa cognizione degli atti e, dunque, una cognizione tale da renderle possibile l’impugnazione non resterebbe che adottare quella ben più rigorosa giurisprudenza che, invece, di aggiungere tale termine esigibile per avanzare l’istanza di accesso a quello di impugnazione, detrae i giorni attesi dall’impresa per l’ostensione a quello di decadenza di cui all’art. 120 c.p.a. (v. Tar Venezia 964/2020 [successiva alla prinuncia della Plenaria]; Tar Palermo, 2404/2019 e Tar Lazio 13550/2020), “interpretazione che, pur rispettosa dell’esigenza di certezza dei termini di impugnazione, il Collegio ritiene essere distonica rispetto al principio di effettività della tutela”.