Consiglio di Stato: diritto di accesso e segreti tecnici
L’accesso è, nella materia in esame, strettamente legato alla sola esigenza di «difesa in giudizio»: previsione più restrittiva di quella dell’art. 24, comma 7, l. n. 241 del 1990, che contempla un ventaglio più ampio di possibilità, consentendo l’accesso, ove necessario, senza alcuna restrizione alla sola dimensione processuale (Consiglio di Stato sez. V 7 gennaio 2020 n. 64 che richiama Consiglio di Stato, V, 9 dicembre 2008, n. 6121).
Ne consegue, secondo i giudici di legittimità, che, al fine di esercitare il diritto di accesso riguardo a informazioni contenenti eventuali segreti tecnici o commerciali, è essenziale dimostrare non già un generico interesse alla tutela dei propri interessi giuridicamente rilevanti, ma la concreta necessità (da riguardarsi, restrittivamente, in termini di stretta indispensabilità) di utilizzo della documentazione in uno specifico giudizio.
In particolare, la mera intenzione di verificare e sondare l’eventuale opportunità di proporre ricorso giurisdizionale (anche da parte di chi vi abbia, come l’impresa seconda graduata, concreto ed obiettivo interesse) non legittima un accesso meramente esplorativo a informazioni riservate, perché difetta la dimostrazione della specifica e concreta indispensabilità a fini di giustizia.
Consiglio di Stato: la misura minima dell’utile non esiste
Al di fuori dei casi in cui il margine positivo risulti pari a zero, non è possibile stabilire una soglia minima di utile al di sotto della quale l’offerta deve essere considerata anomala, poiché anche un utile apparentemente modesto può comportare un vantaggio significativo, sia per la prosecuzione in sé dell’attività lavorativa, sia per la qualificazione, la pubblicità, il curriculum derivanti per l’impresa dall’essere aggiudicataria e aver portato a termine un appalto pubblico.
Lo afferma la sezione V del Consiglio di Stato (sez. V 27 gennaio 2020 n. 680), richiamando precdenti arresti sul tema (Consiglio di Stato, V, 17 gennaio 2018, n. 269; 13 febbraio 2017, n. 607; 25 gennaio 2016, n. 242; III, 22 gennaio 2016, n. 211; 10 novembre 2015, n. 5128.
Consiglio di Stato: oneri aziendali e soccorso istruttorio
Si segnala un’interessante pronuncia del Consiglio di Stato (sez. V 24 gennaio 2020 n. 604) in tema di indicazione degli oneri di sicurezza aziendali.
Sulla base della pronuncia della Corte di giustizia del 2 maggio 2019, C-309/18, può considerarsi definitivamente chiarito che l’automatismo espulsivo correlato al mancato scorporo nell’offerta economica dei costi inerenti alla sicurezza interna derivante dal combinato disposto degli artt. 95, comma 10, e 83, comma 9, del codice dei contratti pubblici è conforme al diritto europeo.
La Corte di giustizia ha, tuttavia, fatto salvo il caso in cui «le disposizioni della gara d’appalto non consentono agli offerenti di indicare i costi in questione nelle loro offerte economiche» per il quale, secondo il citato principio di trasparenza e quello di proporzionalità, deve ritenersi consentita la regolarizzazione dell’offerta mediante il potere di soccorso istruttorio da parte della stazione appaltante
In ragione di tali circostanze la Corte di giustizia ha demandato al giudice del rinvio di verificare se nel caso di specie «fosse in effetti materialmente impossibile indicare i costi della manodopera conformemente all’articolo 95, comma 10, del codice dei contratti pubblici e valutare se, di conseguenza, tale documentazione generasse confusione in capo agli offerenti, nonostante il rinvio esplicito alle chiare disposizioni del succitato codice» (§ 30), al fine di fare eventualmente applicazione del soccorso istruttorio.
Nel caso sottoposto all’attenzione del Consiglio di Stato, la società appellante sostiene che il caso oggetto del giudizio rientri in quest’ultima ipotesi, a causa della «confusione generata in capo agli offerenti», derivante dal fatto che nel modello di offerta economica predisposto dall’amministrazione non era presente «alcuno spazio fisico», per indicare la voce di costo in questione.
I giudici di Palazzo Spada escludono tuttavia l’ipotesi della “confusione”, in quanto il bando di gara rinviava in modo espresso al codice dei contratti pubblici e il piano di ripartizione dei costi predisposto dalla stazione appaltante era un mero foglio bianco da allegare al modello di offerta economica riservato all’indicazione del ribasso sulla base d’asta.
I giudici di appello hanno pertanto ritenuto non ricorrenti le fattispecie che, in base alla medesima sentenza della Corte di giustizia, consentono di sanare la carenza dell’offerta mediante il potere di soccorso istruttorio della stazione appaltante.
Consiglio di Stato: piena discrezionalità della SA nella valutazione degli illeciti professionali
Secondo la giurisprudenza ogni condotta collegata all’esercizio dell’attività amministrativa contraria a un dovere posto da una norma giuridica (civile, amministrativa o penale) va ricompresa tra gli illeciti professionali. Si è altresì ritenuto che le stazioni appaltanti godano di piena discrezionalità amministrativa nel ricomprendere detti illeciti nella fattispecie dell’art. 80 comma 5 lett. c), fatte salve la ragionevolezza e la logicità delle decisioni (Consiglio di Stato sez. V 24 gennaio 2020 n. 610).
Consiglio di Stato: sempre in tema di forniture e servizi standardizzati
Il legittimo ricorso al criterio del minor prezzo, ai sensi dell’art. 95, comma 4, lett. b) del Codice dei contratti pubblici, in deroga alla generale preferenza accordata al criterio di aggiudicazione costituito dall’offerta economicamente più vantaggiosa, si giustifica, tra altro, per l’affidamento di forniture o di servizi che siano, per loro natura, strettamente vincolati a precisi e inderogabili standard tecnici o contrattuali ovvero caratterizzati da elevata ripetitività e per i quali non vi sia quindi alcuna reale necessità di far luogo all’acquisizione di offerte differenziate (Cons. Stato, III, 13 marzo 2018, n. 1609; 2 maggio 2017, n. 2014). A loro volta, le linee guida Anac n. 2, approvate nel 2016 e aggiornate nel 2018, chiariscono che “i servizi e forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato” menzionati dal Codice sono quei servizi o forniture che, anche con riferimento alla prassi produttiva sviluppatasi nel mercato di riferimento, non sono modificabili su richiesta della stazione appaltante oppure che rispondono a determinate norme nazionali, europee o internazionali (Consiglio di Stato sez. V 20 gennaio 2020 n. 444).
Consiglio di Stato: è legittimo l’accorpamento di prestazioni separabili…
L'art. 28 del codice dei contratti pubblici, per il caso di parti «oggettivamente separabili», quali quelle oggetto dell’appalto in contestazione nel presente giudizio, attribuisce alle amministrazioni la facoltà («possono») di scelta «di aggiudicare appalti distinti per le parti distinte o di aggiudicare un appalto unico» (comma 5). La disciplina contenuta in tale disposizione non pone altre condizioni, ma si limita ad enunciare i criteri per individuare la disciplina applicabile in relazione alle varie parti del contratto misto.
Deve dunque ritenersi consentita, nel presupposto da essa enunciato dell’ammissibilità di un unico contratto prestazioni anche oggettivamente separabili, che tale accorpamento avvenga sulla base di ragioni di connessione funzionale tra le diverse prestazioni (Consiglio di Stato sez. V 15 gennaio 2020 n. 378).
Consiglio di Stato: offerta lacunosa… zero punti o esclusione?
Non risulta soggetta ad esclusione un’offerta tecnica ed economica che riporti, seppure in modo succinto e tale da ottenere un punteggio basso, in un documento definito “programma dei lavori” le informazioni che avrebbero dovuto essere inserire in un “cronoprogramma” e che riporti, inoltre, elementi di dettaglio dell’offerta tecnica nell’ambito nell’offerta economica.
Infatti:
- la valutazione della commissione di ritenere sussistente - ancorché generica, e perciò non meritevole di un elevato punteggio - l’indicazione delle misure volte a mitigare i rischi interferenziali non può essere considerata illegittima qualora, comunque, l’offerente abbia indicato nell’offerta tecnica gli elementi utili a risolvere i pericoli legati alle interferenze;
- un’interpretazione della lex specialis che volesse ricondurre l’effetto escludente non già alla mancata indicazione tout court delle misure di riduzione delle interferenze, bensì alla loro precipua enunciazione nell’ambito di un documento definito cronoprogramma si risolverebbe in una clausola nulla ex art. 83, comma 8, d.lgs. n. 50 del 2016, finendo per introdurre una causa di esclusione atipica legata allo specifico documento tecnico di esposizione dell’elemento richiesto: il che risulterebbe contrario al principio interpretativo della conservazione di cui all’art. 1367 Cod. civ., ben applicabile ai documenti di gara, imponendo perciò l’opposta esegesi volta a valorizzare l’esposizione in sé dell’elemento anziché la specifica sedes tecnica di sua enunciazione al fine di evitare l’espulsione dalla procedura;
- la prescrizione della lex specialis che impone l’indicazione nell’offerta tecnica delle misure volte a risolvere i rischi da interferenza, e in quella economica la quantificazione dei corrispondenti costi, è da ritenersi rispettata anche se alcuni elementi dell’offerta tecnica siano stati, poi, specificati nell’offerta economica; infatti, il cd. “divieto di commistione” o di “separazione” fra l’offerta tecnica e quella economica, espressivo del principio di segretezza delle offerte, ha la precipua finalità di evitare che alla commissione giudicatrice siano resi noti elementi economici prima che la stessa abbia reso le proprie valutazioni sull’offerta tecnica; viene, in tal modo, perseguita una ragione di cautela volta ad evitare che la commissione, venendo a conoscenza degli elementi economici dell’offerta, ne possa subire un condizionamento, anche in astratto, e un’alterazione della serenità ed imparzialità valutativa rispetto alle offerte tecniche: da ciò si ricava l’estraneità del principio rispetto alla fattispecie in esame, in cui si rinvengono non già elementi economici all’interno dell’offerta tecnica, bensì elementi tecnici nell’ambito dell’offerta economica.
La valutazione della commissione di attribuire un punteggio nullo anziché l’esclusione per un elemento di valutazione dell’offerta tecnica non appare in sé criticabile nell’ambito di un giudizio tecnico-discrezionale, insindacabile in sede giudiziale in difetto di profili di manifesta erroneità, illogicità od irragionevolezza, qual è quello di attribuzione dei punteggi tecnici.
E’ quanto affermato dalla sezione V del Consiglio di Stato con la sentenza del 13 gennaio 2020 n. 270.
Consiglio di Stato: scelta dei requisiti, discrezionale ma… non troppo
La stazione appaltante gode di massima discrezionalità nella scelta dei requisiti di capacità dei concorrenti che intende selezionare, col solo limite di non eccedere dall'oggetto dell'appalto per tipologia e caratteristiche (Consiglio di Stato sez. III 13 gennaio 2020 n. 284 che richiama Consiglio di Stato sez. V, 22 gennaio 2015, n. 259; Sez. IV, 4 giugno 2013, n. 3081).